Viterbo, in agricoltura lo sfruttamento c’è ed è anche ben radicato

Viterbo -

Apprendiamo con stupore delle belle parole riguardo l’assenza di caporalato e sfruttamento lavorativo nell’agricoltura viterbese, peccato che la realtà sia molto diversa da quella ideale descritta.

Viene da chiedersi se, in base alle dichiarazioni pubblicate, tutti stipulano solo contratti regolari e rispettosi delle prestazioni effettivamente svolte, come sia possibile che l’80% dei braccianti è costretto ad una situazione di irregolarità. Quando non completamente in nero, il rapporto di lavoro è grigio, cioè vengono segnate meno ore e giornate di quelle effettivamente lavorate, fino a 10 ore settimanali quando invece ne vengono passate 10 al giorno a raccogliere broccoletti.

Come scritto nel libro Terra Totale, pubblicato da Usb in collaborazione con il professor Massimo Cecchini, direttore del dipartimento Ergolab dell’Università della Tuscia, basato sulle testimonianze scritte di centinaia di lavoratori del settore.

Siamo sicuri dello svolgimento dei corsi di formazione per guidare mezzi meccanici, come muletti e trattori, peccato che alcuni lavoratori abbiano subito infortuni invalidanti a vita proprio perché costretti a guidare i mezzi senza il dovuto patentino e poi intimiditi per non denunciare la causa lavorativa.

Il lavoro fatto dalle aziende per mettere in sicurezza i propri dipendenti, prima e durante il Covid, è stato talmente capillare che più del 60% dei lavoratori non ha a disposizione i giusti dispositivi di protezione. Ricevere le scarpe anti infortunistiche è una lotta, passano mesi dalla presa delle misure alla consegna, mentre sono completamente assenti le protezioni contro il sole o la giusta rotazione dei turni per diminuire l’esposizione ai raggi UVA e l’affaticamento.

Sono state pochissime le mascherine consegnate durante il periodo pandemico, nessuna ffp2, le uniche davvero protettive anche per chi le indossa. A riprova il fatto che Usb e le associazioni sul territorio ne hanno consegnate centinaia ai braccianti che tornavano o si recavano nei campi e ne erano sprovvisti. Allo stesso modo, nulla è stato fatto per mantenere la distanza minima di sicurezza.

 

Il 90% dei lavoratori con cui abbiamo parlato non è ufficialmente iscritto ad un sindacato, nonostante ne abbia uno di fiducia, perché nelle aziende non vengono ben viste le organizzazioni.

Sono molti i braccianti, rivoltisi ad Usb, perché cacciati dalle campagne nel momento in cui hanno chiesto il rispetto del contratto nazionale riguardo l’orario massimo giornaliero o la paga prevista.

Licenziamenti orali, illegittimi, aggiunti a intimidazioni e offese a non ripresentarsi sul posto di lavoro.

Se su più di 150 dipendenti, viene data agibilità ad una sola sigla sindacale quale tutela vera può esistere per i lavoratori?

 

Esortiamo le istituzioni a controlli serrati in tutta la zona circostante Viterbo, il Comune deve sentire come prioritario il viaggio in sicurezza dal centro città alle campagne di centinaia di lavoratori.

Non sono sufficienti belle parole, o un’immagine pulita di se stessi, perché, seppur nessun mette in atto caporalato e sfruttamento questo, non solo è presente, ma è anche ben radicato, per questo Usb è sempre al fianco dei lavoratori e li invita a venire ai corsi di formazione per organizzarsi uniti per abbattere il padrone di turno.

 

 

Usb Viterbo

Elisa Bianchini