Argomento:

USB INPS: DIRITTO ALLA CITTA'

Roma -

In attesa dell’agognata convocazione per definire i numerosi argomenti rimasti in sospeso relativi al CCNI 2012, in attesa della doverosa apertura di un tavolo di confronto sui risparmi legati alla spending review, in attesa che qualcuno poi ci fornisca lumi sul processo di integrazione “in atto” con INPDAP ed ENPALS, l’ attenzione è giustamente focalizzata su quanto sta avvenendo nella capitale ed in particolare sugli ultimi scempi della giunta Alemanno.

I delegati tutti del lavoro pubblico e privato di Roma si sono impegnati a fondo, specie nei mesi recenti, in una serie di molteplici iniziative e di lotte partite dal basso aventi un comune denominatore: vivere la città in maniera indipendente dalle solite logiche del potere e progettare insieme il proprio futuro da cittadini. Le vertenze portate avanti con determinazione nel territorio metropolitano dai nostri delegati per il diritto alla casa, contro la chiusura dei servizi pubblici e la continua privatizzazione dei beni comuni, per un reddito sociale minimo ed una nuova cooperazione, contro la dismissione della sanità ed i tagli nei confronti di scuola, università e ricerca, si sono succedute ad un ritmo sempre vertiginoso, spesso senza offrire la possibilità di una riflessione opportunamente pacata ma comunque sorrette da una invisibile condivisione. Insomma un comune sentire. Tenendo presente che l’edilizia sociale in Italia è nettamente inferiore a quella degli altri Paesi europei, raggiungendo a stento il 5 % sul totale delle abitazioni (mentre in Germania, in Olanda e in Francia gli alloggi popolari rispettivamente si attestano intorno al 60, al 50 e al 40 %) su Roma si abbatterà indiscriminata una nuova pioggia di cemento, grazie alle 64 delibere (!!!) emanate a catena in poco più d’un mese dalla giunta Alemanno al di fuori di ogni piano previsionale. Il fatto che si costruiscano delle abitazioni private in un territorio notevolmente compromesso da quando è stato approvato il piano regolatore nel 2008 e che, con ogni probabilità, produrrà ancora decine di migliaia di alloggi vuoti che poi nessuno potrà comprare, non sembra minimamente scalfire alcuna coscienza. Per non parlare dell’accorpamento forzato di alcuni municipi, adottato in nome di una presunta riduzione dei costi della politica, che sta portando un territorio per oltre cento chilometri di lunghezza da Anzio a Civitavecchia alla formazione di un agglomerato periferico enorme, con tre milioni di persone stimate dentro. Su questi temi, così come sulle connesse riduzioni sia del verde che del terreno agricolo, nonché sul complessivo degrado della qualità della vita, che riguarda non solo noi ma anche e soprattutto i nostri figli, siamo tutti chiamati ad agire. Ripartendo proprio dalla situazione di particolare difficoltà e disagio nella quale ci troviamo, dalle forti tensioni sindacali e sociali che ormai stanno esplodendo nell’intero territorio metropolitano, che spingono alla costruzione di una grande manifestazione cittadina contro la vendita della città, in difesa dei beni comuni e consapevoli del fatto che ci vuole molta fantasia per affrontare questa realtà. Per il resto, poco da registrare all’interno del nostro Istituto, il cui imbalsamato presidente attende, tra una delibera insulsa e l’altra, l’esito delle elezioni ormai prossime senza peraltro trovare il coraggio di fare l’unica cosa utile: dimettersi.