Quattro morti di lavoro al giorno, ma la sicurezza per il governo è multare i senza fissa dimora
La legislatura di questo governo si è aperta intorno al tema della sicurezza, ma sicurezza per chi?
Non certo per i lavoratori: dal 1° gennaio sono morte di lavoro 10 persone (esclusi i morti in itinere) nel più completo silenzio istituzionale. Un qualsiasi decreto incentrato su questo tema avrebbe dovuto affrontare i rischi che i lavoratori corrono sul luogo di lavoro e nel tentativo di raggiungerlo.
Il decreto a firma Salvini, invece, nemmeno sfiora la sicurezza sui luoghi di lavoro.
I cittadini devono essere protetti dal migrante, ma non dal trattore che li schiaccia. Eppure, solo da quando il governo si è insediato, i lavoratori morti schiacciati da questo mezzo sono stati 100.
Chi è morto di lavoro non era degno di sicurezza, per questo governo è solo un incidente nel percorso del profitto, anche quando le morti divengono stragi, in continuo aumento. Lo scorso anno, gli infortuni sul lavoro e in itinere, con esito mortale, sono stati 1450, cioè 4 al giorno, con un aumento di quasi il 10% rispetto al 2017.
Se il governo nazionale si disinteressa, per ignoranza o per volontà, della sicurezza nel mondo del lavoro, a livello locale gli amministratori hanno seguito la stessa direttrice, nonostante la gravità della situazione del territorio.
Le denunce di infortunio nella Tuscia incidono per il 4% sul totale nazionale. Nel 2018 quattro persone sono morte di lavoro e quasi cinquecento hanno subito un infortunio talmente grave da pregiudicare per sempre la qualità della vita. A questi va aggiunto un 30% di casi che rimane nell’ombra a causa di contratti non regolari.
Mentre per gli amministratori di area leghista locali e nazionali il pericolo è chi chiede l’elemosina, solo nel Viterbese le malattie professionali, cioè riconducibili completamente all’attività lavorativa, superano le tremila.
L’Unione Sindacale di Base, nello scorso mese di agosto, ha manifestato alla Cittadella della Salute per denunciare le condizioni di forte precarietà in cui sono costretti ad operare i lavoratori nel settore agricolo. Il servizio ispettivo Asl ha rilevato irregolarità nel 50% delle aziende controllate con lavoratori sfruttati e costretti ad operare senza alcuna misura di sicurezza.
Nessuna parola è stata proferita dal Comune che, nel frattempo, ne ha spese tantissime per raccontare la maggior sicurezza dei viterbesi dopo l’allontanamento dal centro di una signora con problemi psichici.
Chi ha un contratto atipico, a tempo determinato o irregolare è ancora più esposto alla mancanza di sicurezza. La sua posizione precaria infatti gli impedisce di rivendicare i propri diritti, pena il licenziamento o il non rinnovo. Migliaia di lavoratori sono costretti a cedere al datore, a lavorare sempre più velocemente, con sempre meno colleghi al fianco, con mezzi vecchi mai manutenuti. Migliaia di lavoratori operano all’infuori e oltre le misure di sicurezza. Il risultato è che gli infortuni denunciati dai precari rappresentano il 70% degli infortuni totali. L’ USB Viterbo ha lanciato una campagna per arginare il lavoro nero in città. Il Comune, in accordo con l’ispettorato del lavoro, avrebbe potuto multare e togliere le concessioni a quegli esercenti che assumono lavoratori in modo irregolare, o completamente in nero. Avrebbe potuto, invece nessuna risposta è arrivata dalle forze che compongono questa amministrazione, nonostante le nostre ripetute richieste in campagna elettorale.
Il decreto 81 è la legge che tutela salute e sicurezza sul lavoro, e per quanto lasci dei punti scoperti, se venisse applicata ridurrebbe sensibilmente la strage dei lavoratori. La sua applicazione passa dal potenziamento degli organi ispettivi e delle figure degli RLS (responsabili per la sicurezza interni al posto di lavoro).
Dicevano che il decreto sicurezza avrebbe tutelato i cittadini. A oggi, l’unico risultato è impedire sempre più la libertà di sciopero e la possibilità di rivendicare i diritti costantemente violati.
Una sicurezza mal posta, quindi, quella del governo, in favore di chi sfrutta, mai rivolta a coloro che hanno davvero bisogno di sicurezza, che muoiono per mancanza di sicurezza: i lavoratori.
Nessuna sicurezza è intervenuta per evitare che i lavoratori morissero stritolati da un ingranaggio senza copertura o sommersi e bruciati da una colata di acciaio liquido per un ancoraggio ormai troppo vecchio.
È finito il silenzio. Le amministrazioni mascherano la loro sicurezza con la repressione. I lavoratori pretendono:
sicurezza sui luoghi di lavoro
interruzione immediata del lavoro in caso di rischi
impedimento di qualsiasi ritorsione verso i lavoratori che denunciano violazioni al decreto 81.
L’ USB continua la lotta, al fianco dei lavoratori, in qualsiasi forma, contro gli omicidi sul lavoro.
Luca Paolocci, Elisa Bianchini
p.Unione Sindacale di Base Viterbo