L'IPA, l'AMA e le sentenze di condanna nascoste
L’IPA, Istituto di previdenza e assistenza per i dipendenti del Comune di Roma e di altri Enti convenzionati come AMA, si conferma come l’ennesimo terreno di caccia per dirigenti pubblici pagati profumatamente e alcuni esponenti di spicco dei sindacati firmatari (remunerati e distaccati) che si appropriano indebitamente dei contributi dei dipendenti e dei loro familiari.
Cinque sentenze della Corte dei Conti risalenti allo scorso luglio, ci raccontano la gestione allegra di un istituto che dovrebbe amministrare i contributi degli iscritti per erogare forme integrative di welfare, ma diventa invece occasione di privilegio e arricchimento per chi dovrebbe rappresentare e difendere gli interessi dei lavoratori. Malgrado l’assuefazione collettiva al malaffare pubblico, risulta alquanto anomalo che tali sentenze sfuggano all’interesse della stampa cittadina, e che se ne venga a conoscenza a distanza di tre mesi soltanto grazie a una lettera anonima di denuncia diffusa nei luoghi di lavoro di AMA.
Tre le sentenze di condanna al risarcimento del danno per un valore di circa 5.000.000 di euro nei confronti di presidente, vicepresidente, direttore e di tutti i componenti del Consiglio d’Amministrazione, del Comitato Esecutivo e del Collegio dei Revisori, in carica dal 2002 al 2010. I motivi delle condanne vanno dall’appropriazione indebita/illecita di denaro agli incarichi di consulenza ad ex dipendenti in pensione (amici e colleghi sindacali), fino ad arrivare alla mancata contribuzione previdenziale in seguito coperta dall’Istituto ma goduta dai condannati.
Due le sentenze di assoluzione: una riguarda le “solite” polizze di copertura personale a carico dei contribuenti, l’altra i contratti per acquisizioni di beni e servizi senza procedure di gara e opportune pubblicizzazione. In quest’ultimo caso rimane insoluto il sospetto diffuso fra i contribuenti che offerte turistiche e convenzioni varie non siano frutto di un confronto fra più offerte per scegliere la più vantaggiosa, ma il frutto di condizioni di vantaggio per gli stipulatori.
Ultimo aspetto di questa pagina cittadina di malaffare che getta discredito su un patrimonio della città di Roma e dei suoi dipendenti, è l’assenza di integrità morale dei condannati. Infatti tutta la linea di difesa di dirigenti e sindacalisti si è basata sulla richiesta di prescrizione dei reati e sul fatto che il 98% di capitale dell’IPA è composto dai contributi privati dei dipendenti. Come dire:
“non ci appropriamo di denaro pubblico ma spenniamo solo i dipendenti”.
RISARCIRE I DIPENDENTI NON BASTA! DOVREBBERO CHIEDERE SCUSA, RINUNCIARE AL DISTACCO SINDACALE E ANDARE A LAVORARE.
Invece alcuni nomi dei condannati li ritroviamo ad amministrare il Cral Ama, Previambiente e Fasda, ai tavoli di trattativa aziendali e comunali, in rappresentanza degli stessi lavoratori che hanno spennato all’IPA.
Unione Sindacale di Base Federazione di Roma