L'inganno del lavoro digitale nella legge regionale del Lazio

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A chiarire il senso della proposta di legge avanzata dalla giunta del Lazio sui lavoratori delle piattaforme digitali ci ha pensato lo stesso Zingaretti che sul sito della Regione precisa che “questa legge non si fonda sull'idea del lavoro subordinato”.

Non a caso il Corriere della Sera di oggi 22 giugno dedica un editoriale all'iniziativa del governatore del Lazio per apprezzarne il fatto che “non imbriglia come avrebbe fatto l'idea di Di Maio di assumere tutti i riders, ma punta a garantire ai lavoratori salario minimo e assicurazioni”.


Già il titolo della legge di Zingaretti è ingannevole, “Norme per la tutela e la sicurezza dei lavoratori digitali”: ma i fattorini possono essere considerati dei lavoratori digitali? Non sono piuttosto dei lavoratori manuali? La distinzione è fondamentale, perché mentre la dicitura “digitale” rimanda ad una sorta di modernità tecnologica, come peraltro l'inglesismo riders, la realtà ci riporta ad un lavoro antico ed anche particolarmente rischioso.

Proprio la specificazione che Zingaretti ha voluto sottolineare, smaschera il vero intento della sua iniziativa. Non tanto e non solo bruciare sul tempo il neo Ministro del Lavoro ma soprattutto indicare una strada alternativa al riconoscimento dei fattorini come lavoratori subordinati. La linea è questa: costruire una sistema di tutele minime, assicurazione, previdenza, formazione, retribuzione minima, malattie, ma evitare di riconoscere ai fattorini lo status di lavoratori dipendenti.


Eppure è questa la condizione dei fattorini, la cui attività non gode di nessuna autonomia. E' il datore di lavoro a stabilire le consegne, fissando tempi e destinatari e realizzando un rating reputazionale sulla base della disponibilità ed efficienza del lavoratore. E il fatto che nella legge di Zingaretti si faccia riferimento alla trasparenza di questo rating conferma l'uso di un sistema di totale subordinazione.


Tuttavia c'è nella bozza di legge un articolo che richiama alla contrattazione nazionale, con l'ipocrita riferimento alle organizzazioni maggiormente rappresentative (quali?). E' dove si fa riferimento al salario minimo che non dovrebbe essere inferiore ai minimi contrattuali.

A parte che sono milioni i lavoratori in Italia che percepiscono una retribuzione al di sotto dei minimi contrattuali e avremmo bisogno di una legge che stabilisca un salario minimo orario, in modo da avere uno strumento in più di tutela per tutti, è chiaro che siamo di fronte ad un circolo vizioso.

Per realizzare un buon Contratto Nazionale servirebbero libertà sindacale e diritto di organizzazione, cosa oggi preclusa dall'alto tasso di ricattabilità esercitato dalle piattaforme sui fattorini. Senza l'obbligo di riconoscere a questi lavoratori lo status di lavoratori subordinati e quindi metterli, almeno in parte, nella condizione di potersi organizzare senza il rischio di essere semplicemente cancellati e quindi licenziati, è difficile che si possano stabilire relazioni sindacali democratiche nel settore.


L'altro rischio è che anche il neo-ministro finisca per assoggettarsi alle pretese delle multinazionali, scegliendo la logica delle garanzie minime dentro un quadro di iperflessibilità. Invece di garantire questo nuovo settore senza tutele, riconoscendone il lavoro dipendente, si starebbe inaugurando un nuovo capitolo della deregolamentazione, utilizzando i fattorini come apripista di nuove configurazioni di lavoratori con regimi di basse tutele.