ARSENICO NELL'ACQUA, PER LA REGIONE LAZIO I CITTADINI NON SONO TUTTI UGUALI

Viterbo -

Come si legge dal sito della ASL di Viterbo, nel mese di maggio 10  Comuni  della provincia superano ancora  la soglia di arsenico consentita
per legge:
Bagnoregio, Civita Castellana, Fabrica di Roma, Farnese, Grotte di Castro, Monte Romano, Nepi,Ronciglione, Tuscania e Villa San Giovanni in Tuscia, senza contare che in molti altri, compreso Viterbo,  si trovano valori vicini o uguali al limite massimo.

Riteniamo questo dato  allarmante soprattutto se consideriamo che il limite di 10 mg/l consentito dalla normativa in vigore è già un valore
molto alto  e  dannoso,  in quanto, come attesta la medicina ufficiale, l’arsenico è un cancerogeno certo di classe 1, e in quanto tale, la percentuale di presenza nelle acque destinate al consumo umano  dovrebbe essere pari a 0.

In alcuni Comuni del viterbese,  troviamo  valori che raggiungono i  24 mg/l  sino ad arrivare  a punte di 49 mg/l  a Fabrica di Roma.

Mettendo a confronto i dati ci siamo resi conto che molto spesso i Comuni che registrano valori molto alti di arsenico sono gli stessi che non ricevono i finanziamenti dalla Regione per la manutenzione dei dearsenificatori.

Ovvero quei Comuni che hanno scelto di gestire autonomamente il servizio idrico senza ricorrere alle Società per Azioni.

La scelta, quindi, diventa obbligata:  o questi Comuni entrano  in Talete Spa o non viene loro finanziata  la quota che occorre per la manutenzione.

Attenzione però, si tratta di finanziamenti pubblici ovvero di  soldi dei cittadini che la Regione dovrebbe erogare a tutti i Comuni interessati dal problema arsenico, a prescindere dall’appartenenza o meno a Talete.

Si tratta, infatti,  di un problema di inquinamento e di salvaguardia della salute pubblica; considerato inoltre che Talete non ci mette un euro, ma che sono gli stessi cittadini a  fornire le risorse, a maggior ragione non è tollerabile né legittima  l’esistenza di questa disparità  di trattamento.

Riteniamo si tratti,   di un vera e propria  operazione discriminatoria  che di fatto crea cittadini di serie A  e cittadini di serie B  sul piano della salute,  perpetrata solo al fine di attuare una  più che discutibile operazione politica, quella cioè  di condurre la gestione idrica di tutta la provincia in mano  Società per Azioni.

Ricordiamo  che là dove il Sindaco, in qualità di Responsabile della salute pubblica,  è impossibilitato per mancanza di finanziamenti a risolvere problemi di salute pubblica, l’Ente tenuto ad intervenire  per il principio di sussidiarietà, è proprio la Regione.

Invitiamo, pertanto, quest’ultima a rimuovere con estrema urgenza questo che noi riteniamo un  illegittimo trattamento discriminatorio, facendo presente che, in caso di mancato sollecito riscontro, questo Comitato, insieme ai Sindaci e ai Consiglieri dei Comuni interessati,  promuoveranno ogni azione a tutela della salvaguardia della salute pubblica in tutte le sedi competenti.


                                                                                                                                              Comitato non ce la beviamo

USB Viterbo