2 ottobre a Roma Prove di Confederalità Sociale
La manifestazione che si prepara per venerdì 2 ottobre al Colosseo tocca un tema che la città vive
da almeno un anno in forme quasi maniacali: l’attacco costante, ripetuto e violento contro i
lavoratori dei servizi pubblici, additati dalla giunta Marino, dal governo Renzi e da molte testate
giornalistiche come la vera causa dell’inefficienza delle aziende di interesse collettivo. Questo
attacco si è rivolto contro i lavoratori del Comune, poi contro i vigili urbani, poi ha preso di mira i
dipendenti dell’AMA, l’azienda dei rifiuti, poi gli autisti del trasporto locale e i macchinisti della
metro, poi è stata la volta delle educatrici e delle maestre della scuola dell’infanzia, fino a
concentrarsi contro i lavoratori che operano al Colosseo. Descritti come fannulloni, ai lavoratori
vengono contestate le giornate di malattia, gli si impongono aumenti di produttività e
contemporanei tagli dei salari, con l’intento sempre più esplicito di procedere alla privatizzazione
delle aziende ed alla riduzione delle agibilità e dei diritti sindacali.
Questo attacco ai lavoratori del settore pubblico
serve a scaricare su di loro la responsabilità del
peggioramento crescente dei servizi ed a rivolgere la
rabbia dei cittadini verso un falso obiettivo.
Nell’immediato, deve consentire che le
privatizzazioni delle multiutility procedano senza
ostacoli.
Per un sindacato di classe rispondere a questo attacco
è possibile solo approfondendo il ragionamento che
facciamo da tempo sul tema della confederalità
sociale. Una necessità che ci viene imposta dalla
durezza della sfida che stiamo vivendo. E’ bene
allora fare un piccolo passo indietro per risalire alle
origini di questa manifestazione.
Poco meno di un anno fa nei pressi di un quartiere
dell’estrema periferia, Corcolle, si produssero
aggressioni razziste ai danni di alcuni ragazzi ospiti
di un centro di accoglienza. Poco dopo la stessa
scena si ripeterà anche a Tor Sapienza e poi in altre
periferie romane. A Corcolle la scintilla era stata
provocata dall’insofferenza di alcuni cittadini
migranti che alla fermata dell’autobus, dopo lunghe
attese, avevano protestato veementemente perché
l’autobus era passato senza farli salire. Questo atto di
insofferenza verso gli autisti, che nei mesi successivi sarà ripetuto in massa dai passeggeri della
metropolitana che aggrediranno più volte i macchinisti della metro con il sostegno dei media e
della giunta, servirà invece a Corcolle per inscenare raid e bastonature contro i ragazzi africani,
organizzati da gruppi neofascisti.
La vicenda di Corcolle ci spinse a portare le ragioni della protesta degli autisti, che in quei giorni
avevano proclamato uno sciopero, proprio nel cuore del quartiere.
Unione Sindacale di base
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Andammo a raccontare di come l’ATAC stava tagliando migliaia di km di corse e come quartieri
così periferici come Corcolle fossero destinati a rimanere sempre più tagliati fuori dalla città.
Andammo a spiegare che, così come venivano colpiti gli autisti dal nuovo piano industriale di
ATAC, così si stavano colpendo i cittadini, penalizzati da servizi sempre più carenti.
Colpire i migranti non avrebbe portato alcun miglioramento al quartiere: era da un’altra parte che
bisognava rivolgere la protesta.
Di lì a poco ci ritrovammo a costruire insieme alla nascente Carovana delle Periferie una serie di
iniziative nel quartiere di Tor Sapienza, dove la gente stava reclamando la chiusura del centro di
accoglienza per profughi senza rendersi conto che il Decreto Lupi stava programmando la vendita
degli alloggi popolari, in buona sostanza delle case di larga parte della gente che era scesa in strada
contro i migranti. Anche lì il messaggio che portammo fu quello di canalizzare la rabbia contro
l’abbandono della periferia ed in difesa dei diritti degli abitanti, completamente dimenticati dalle
diverse amministrazioni comunali.
Queste vicende raccontano delle difficoltà quotidiane che vive chi cerca di riannodare i fili di un
legame sociale che non solo si è interrotto, ma vede i soggetti sociali fortemente in competizione o
in aperta conflittualità tra loro. Sappiamo che questa conflittualità è alimentata dalle campagne
giornalistiche e dalla scelta deliberata di impedire che si crei un vasto fronte sociale, composito,
plurale e rappresentativo delle tante sofferenze della città. Ma la manifestazione che stiamo
preparando è il segno che è possibile produrre una inversione di tendenza.
Qualche segnale, per la verità, si è già manifestato durante l’anno quando per esempio migliaia di
maestre e di genitori invasero la piazza del Campidoglio per contestare la riduzione del personale e
l’idea che si debba risparmiare anche sui nidi e sulle scuole materne. Oppure quando gli operatori
dei centri di accoglienza hanno manifestato insieme a centinaia di richiedenti asilo per rivendicare
migliori condizioni di lavoro e, contemporaneamente, il rispetto dei diritti dei migranti.
Si è trattato di lampi, ancora insufficienti a reggere l’urto dell’offensiva conservatrice. Le maestre
sono state sottoposte ad un nuovo violentissimo attacco in piena estate (che hanno saputo
rintuzzare con grande determinazione), mentre molti operatori dei centri, quelli che avevano scelto
la strada dell’organizzazione sindacale indipendente, sono stati licenziati. Ma la strada, per quanto
in salita, è cominciata e non abbiamo intenzione di fermarci.
Queste esperienze vanno moltiplicate e va approfondita la capacità di costruire in modo
confederale le lotte dei singoli settori. Così come vanno sperimentate forme inedite di intreccio tra
il sindacato ed altre forme di organizzazione sociale. La Carovana delle Periferie è un laboratorio
che si è costituito proprio dentro questa dimensione. Dare una forma organizzata ed una identità di
classe alle mille battaglie disperse sul territorio. Ricostruire i fili di un pensiero indipendente, che
rintracci dentro ogni conflitto l’elemento che è in grado di assumere un valore generale.
La manifestazione del 2 ottobre, che non casualmente partirà dal Colosseo e che cade in un’altra
giornata di sciopero del trasporto locale e dei lavoratori dell’azienda di smaltimento dei rifiuti
contro i piani di privatizzazione, è un passaggio importante. Non si limita però a sottolineare i temi
sindacali ma allarga lo sguardo alla città: gli sgomberi e gli sfratti, la persecuzione degli spazi
sociali, la truffa dei Piani di Zona e quella dei Punti Verde Qualità. E ancora, il tema
dell’accoglienza, la vertenza dei disoccupati che contestano il contratto di collocazione, il no
all’ecomostro di Rocca Cencia o al raddoppio della Pontina, storie che raccontano di resistenze
alla spoliazione del territorio.
La questura ha già comunicato il divieto di tenere il corteo, come a dire: abbiamo capito il vostro
progetto e ve lo impediremo. La risposta è rozza ma rende l’idea.
La partita però è solo all’inizio